Demonetizzazione: gli Youtubers e i mancati guadagni su milioni di view

Demonetizzazione

Lo scorso anno, tanti youtubers hanno perso grandi quantità di soldi perché la piattaforma ha impedito ai loro video di monetizzare, anche se i filmati hanno continuato a essere trasmessi. Un esempio tra tutti è quello di Jake Sandt, titolare di un canale denominato Jakeyonce TV in cui parla di RuPaul’s Drag Race, un celebre reality show con protagoniste delle drag queen. Nel complesso il canale di Sandt conta oltre 19 milioni di views e vanta più di 60mila follower: numeri sufficienti per permettergli di guadagnare il denaro che gli serviva per iscriversi a un corso di laurea in giornalismo. Tuttavia, da un giorno all’altro e senza alcun preavviso, Youtube gli ha giocato un brutto scherzo.

Creatori di contenuti demonetizzati in modo imprevisto

Come è accaduto a molti altri youtubers, infatti, anche Sandt è stato demonetizzato in modo del tutto improvviso e imprevisto: in altri termini non ha più potuto incassare i profitti che i suoi video gli garantivano. Che cosa c’è di strano in questa vicenda? Il fatto che tutti i creatori di contenuti colpiti da questo provvedimento siano certi di non aver violato i termini di servizio della piattaforma e di non averne infranto le regole. Insomma, un errore da parte di Youtube, per colpa del quale – però – i profitti che sono andati perduti non possono più essere recuperati. Un messaggio di posta elettronica è stato inviato agli youtubers per informarli di ciò che era successo.

Perché gli youtubers hanno smesso di guadagnare

In pratica la piattaforma ha comunicato a Sandt e ai suoi colleghi che la loro colpa era quella di aver infranto la policy per la quale non possono essere riutilizzati contenuti che sono già ospitati dalla piattaforma. Nonostante ciò, però, i video in questione non sono stati rimossi. Insomma, se davvero qualche regola fosse stata infranta, quei filmati sarebbero dovuti sparire; invece, sono rimasti al loro posto, ma ai loro creatori è stato impedito di guadagnare con i risultati e le visualizzazioni ottenute. 

Chi ha ragione?

Sandt si è difeso sostenendo che i suoi contenuti sono trasformativi, nel senso che nei suoi video ci sono sì spezzoni del reality show, così come di altri programmi, ma questi sono modificati. Per questo motivo, quindi, non infrangono alcuna regola e, tantomeno, la legge americana. Tuttavia agli youtubers non è stato consentito di ricorrere contro il provvedimento che è stato adottato dalla piattaforma. Va detto che la legislazione che tutela i diritti di autore prevede che vengano emessi tre avvisi in relazione alle violazioni di copyright. Ciò non è avvenuto in questo caso: i creatori sono stati sospesi senza preavviso, e solo dopo il mese di sospensione hanno potuto richiedere spiegazioni. 

Gli altri casi

Quello di Sandt, come si è detto, non è l’unico caso di questo tipo. A fare scalpore è stata anche la vicenda di Alex Beckham, che ha dato vita al canale Man on the Internet in cui mette i testi ai brani musicali dei videogiochi. La procedura seguita da Youtube è stata sempre la stessa, con l’invio di un messaggio di posta elettronica che comunicava il divieto di continuare a realizzare streaming in diretta e di un altro che parlava di contenuti riutilizzati, per colpa dei quali la monetizzazione veniva sospesa. 

Il comportamento di Youtube

Youtube, alle richieste di spiegazioni pervenute, ha risposto sostenendo di non poter fornire specifici dettagli a proposito della norma che sarebbe stata violata dai creatori puniti. Lo ha fatto sapere David Hoffman, uno youtuber di quasi 80 anni che ha riferito che dalla piattaforma non hanno voluto dirgli in quali circostanze e in quali punti il suo canale non si è attenuto ai termini del programma partner. La contestazione era sempre la stessa, quella di una duplicazione di contenuti. Tuttavia, dopo due mesi Youtube ha ammesso di aver compiuto un errore e ha consentito a Hoffman di riprendere a monetizzare. Di scuse o spiegazioni, però, neppure l’ombra. 

Scarsa chiarezza

Una delle accuse più frequenti provenienti da coloro che hanno patito queste ingiustizie ha a che fare con la scarsa chiarezza e la poca trasparenza che Youtube ha dimostrato in tale occasione. Per questo motivo i creatori di contenuti non hanno trovato altra strada che quella di chiedere supporto pubblicamente. Il metodo di comunicazione adottato dalla piattaforma è stato paradossale, ma complici i social network questo comportamento si è rivelato un autogol: gli youtubers bloccati, infatti, hanno riversato la propria rabbia su Twitter e su Instagram, facendo emergere la vicenda in tutta la sua assurdità. Alla fine gli youtubers sono stati rimonetizzati, chi prima o chi dopo, forse proprio perché lo scandalo stava assumendo dimensioni troppo grandi. Tuttavia non è stato consentito loro di recuperare i soldi che avevano perso per la demonetizzazione che hanno subìto, dal momento che sarebbe stato impossibile – secondo la piattaforma – calcolare gli importi dei ricavi che sarebbero stati ottenuti.