Il pezzotto, la guerra allo streaming pirata e alle IPTV illegali
Con l’operazione Free Tv che è andata in scena pochi giorni fa è cominciata la guerra nei confronti dello streaming pirata. Una guerra che – è facile ipotizzare – si comporrà di un gran numero di battaglie: insomma, quello andato in scena fino a questo momento è solo il primo atto. I sequestri che sono stati portati a termine dalla Guardia di Finanza in associazione con gli oscuramenti di server e i numerosi arresti rientrano nel quadro delle operazioni di polizia internazionale finalizzate al sequestro di server di Iptv di Xstreme, tv pirata che in Italia era conosciuta e utilizzata da milioni di persone.
La guerra contro lo streaming pirata
Il contrasto al fenomeno delle tv pirata era alla base anche dell’operazione contro Zsat, altra Iptv che è stata smantellata dalla Polizia di Palermo. Viene spontaneo domandarsi, però, se tali interventi possano essere considerati come davvero risolutivi. La risposta purtroppo è negativa, anche perché il business delle Iptv – che, vale la pena di ribadirlo, sono illegali – ha catturato l’attenzione di organizzazioni criminali di un certo livello, che di sicuro non rinunciano ai propri affari illeciti per semplici incidenti di percorso come questi. Eppure, sono sempre da accogliere con soddisfazione i diversi blitz che la Guardia di Finanza e la Polizia nelle scorse settimane hanno effettuato riuscendo a favorire l’oscuramento di diverse piattaforme illegali il cui business consisteva nella diffusione su Internet (del tutto abusiva) dei palinsesti delle tv in streaming come Infinity e Netflix, oltre che delle partite di calcio.
IPTV, Un business milionario
Per poter usufruire delle immagini, delle serie tv, dei film e degli eventi sportivi delle tv a pagamento, i clienti di questo sistema truffaldino pagavano solo pochi euro, molti meno di quelli che avrebbero dovuto versare se avessero sottoscritto degli abbonamenti regolari con i fornitori dei servizi proposti. Il business che sta dietro a un’attività di questo tipo è milionario, come si può facilmente intuire, e il sequestro di ingenti somme di denaro in contanti ha perfino scatenato la reazione dei pirati. Come se nulla fosse successo, la maggior parte dei fornitori non ha esitato nel garantire ai propri clienti che nonostante quel piccolo inconveniente non sarebbe cambiato nulla.
Gli utenti rischiano multe salate?
Su Youtube, per esempio, è stato pubblicato il video del gestore di Truststreaming, che è una Iptv attiva a livello internazionale che mette a disposizione dei clienti più di 5mila canali, nel quale veniva spiegato che sarebbe rimasto valido l’abbonamento alla piattaforma e che i dati degli utenti erano al sicuro perché criptati. In effetti, a dispetto dei blitz tanti spettatori hanno continuato a usufruire dei vari servizi, non risentendo in alcun modo degli effetti delle operazioni di polizia.
Come guardare film, serie e partite di calcio in streaming pagando pochi spicci
Ma qual è il meccanismo di funzionamento alla base di questo sistema? Al giorno d’oggi in realtà non è niente di troppo complicato, nel senso che c’è bisogno solo di un codice e di un decoder illegale, che nella maggior parte dei casi consiste in una normale chiavetta USB: è questo il cosiddetto pezzotto. Ciò che i fruitori non sanno è che a monte c’è una struttura tecnologica molto complessa allestita dai diversi gruppi criminali che si basa su un sistema intricato di encoder e decoder. Così, il segnale viene convertito in dati: una volta che questi sono stati scambiati su Internet, gli stessi vengono assemblati in pacchetti che poi sono proposti alla clientela tramite alcuni intermediari che sono in contatto diretto con gli utenti finali.
Come funziona il pezzotto
Ecco, quindi, che i clienti non devono fare altro che adoperare una chiavetta USB per ricevere e guardare le trasmissioni per cui hanno sottoscritto un abbonamento molto conveniente rispetto al mercato. Dal computer di casa, devono solo inserire il codice che viene comunicato loro da chi gestisce lo streaming pirata e il gioco è fatto: è proprio questo codice, infatti, che permette di connettersi a un segnale informatico criptato che poi viene decriptato proprio per mezzo della chiavetta. Per altro, il fenomeno non solo non accenna ad arrestarsi, ma anzi si evolve sempre di più: l’Iptv è giunta perfino su Whatsapp attraverso una truffa connessa con lo streaming illecito. Ovviamente si tratta di gruppi nascosti, ma tale circostanza è sintomatica di come le organizzazioni criminali siano sempre più spavalde e non abbiano timore di eventuali blitz: non ricorrono neppure più a Telegram per nascondere le conversazioni.
Perché la lotta allo straming pirata non è stato efficace, fino ad ora
Il problema è che i criminali saranno sempre in vantaggio rispetto alle forze dell’ordine: anche quando i siti vengono oscurati, è sufficiente che i gestori optino per società di server differenti e facciano sapere agli utenti qual è il codice nuovo per superare qualsiasi ostacolo. E anche i sequestri di soldi sembrano avere la stessa utilità di provare a svuotare il mare con un secchiello: a fronte di un giro di affari milionario, le sanzioni applicate servono a ben poco. L’incriminazione prevista per chi viene arrestato è quella per il reato indicato dall’articolo 171 ter della legge sul diritto di autore: ai colpevoli viene comminata una multa che può andare da un minimo di 2.582 euro a un massimo di 15.493 euro, oltre a un periodo di reclusione compreso tra i 6 mesi e i 3 anni. Il reato di diffusione di un servizio criptato senza un accordo in merito con il legittimo distributore, insomma, non fa finire in prigione: ecco perché i criminali continuano a operare indisturbati.